Lettera aperta ai nomi delle mimose del mondo

8 MARZO 2019
di Giovanni Torres La Torre

Incompiuta e quasi solenne luce di questo giorno
ritorna dove era già stata in visita ai fiori della veranda
ad ascoltare suono di pianoforte e col desiderio di perdersi
nei nomi delle mimose, di canzoni di una volta
di quando le madri sciorinavano lenzuoli
e madonne bizantine travestite da raccoglitrici di nocciole
si rincorrevano nei canti.
Altre, come ora, per deserti e per mari e per sentieri
smarriti di sete di vele e di foglie e di stelle
che non si vedono, devastate nell’incubo che le perseguita
e nell’umana scommessa di sapere ancora restare
capaci di un sogno di tenerezza.

Non c’è altro amore che si possa degnamente vivere,
nome di fiumi di mari e di montagne, senza immaginare
gli intervalli di un grido di amore e demenza
per confidare ad ogni donna la divinità terrena
della loro vita, madre dei figli percepiti tra candori di veli
o strilli di inferni nelle baraccopoli del mondo,
vaneggiamenti di giorni felici, che volano senza ali
e arsure che sprofondano in pozzi senza acqua.

Immaginiamo ancora un sentimento possibile che possa affidare
alla luce del tempo, resti dilapidati della parola amore – linfa,
anima, carne, sangue, acqua, sale e sapienza,
sogno pensiero musica poesia e altro pane e altre forme,
e quelle di prima che si tengano per mano nella fatica di vivere.

Dalle Isole di Cristallo giunge figura di nuvola,
un volto amoroso di donna si espande in forma di albero della vita
e il vento cinge con veli le chiome del sogno; nello stesso cielo
quasi una architettura di bellezza lo scialle straziato
dalla sete del deserto, in somiglianza femminile
cerca di confidare una disperazione, e noi, nella lontananza
a inseguire altre corrispondenze di luci e suoni
per scoprire segrete analogie tra il trionfo della vita
e della morte, amore panico e celeste che lievita una sinfonia
su orme nascoste di un tempio vestito di edere,
e l’infinito profilo dei fili spinati e scherzi di scirocco
con brandelli di carne.

Vanno e vengono le fatiche dei giorni con le borse affaticate
dal pane della memoria che scrive e riscrive nostalgie
della madre e di altre stelle scomparse, vive i tempi
della vita che continua da fioritura a fioritura
nel roseto spinoso di ogni amore.

Capo d’Orlando, Marzo 2019

Qui la versione in lingua inglese
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