I VERSI DELLE CICALE
di Giovanni Torres la Torre
Quando assillano le colline
nello splendore che acceca le pietre
le cicale raccontano rimpianti di terre dimenticate.
Falciatori di messi e lettori di poesie
ultimi cantori
ascoltano la bellezza delle parole
che si rincorrono a piedi nudi
senza mai potersi toccare
tra i canneti dei fiumi dell’anima
a perpetua dannazione di cui non conoscono il peccato
rimasto mistero esclusivo della dea che donò l’acqua dell’incanto.
Da quelle sorgenti di nevai
venne un tempo di naufraghi in cerca dei focolari degli antenati
perché fondassero altri mondi
piantassero semi proteggendone la vita con palizzate.
Ora non è dato sapere il nome degli alberi
che da allora segnano il cammino dei viandanti
né da quali nidi nascosti nel fogliame
un suono superstite esplode e poi si spande
con luccichio di madreperle di chitarre.
“Nella notte chitarra verde, colomba verde
nella notte colomba limpida”
Voce di Messiaen si dilegua con lieve gioco
palpito d’ali che giunge e poi dispare.
L’emozione prende in pegno il profumo del pane
reclamato a gran voce in quella stagione di spartizione di frumenti
e nodi stretti alla gola delle bandiere.
Fiori vermigli strappati alle spine da gesti amorevoli per languidi ritratti
riposano ora a capo chino sul tavolo della cucina
nel bicchiere che fu forma perfetta nelle sere delle osterie
mentre mani in grembo aspettavano
il calare della rosa al forno
per il pane raccolto spiga a spiga
in quel tempo di speranze e fatiche.
Capo d’Orlando, maggio 2013