di Giovanni Torres La Torre
Poi il silenzio di sempre
venne a stringere il collo alla notte
mentre le acque in verde bluastro
della bellezza cantata,
continuavano a battere gli scogli.
Ma, là in agguato, una mano
compagna di strada della vita, ghermiva gli anni
a fanciulla innamorata del mare.
Da sopra il monte, moneta d’oro incompiuta,
la luna, passando tentò di dire qualcosa,
e gli oleandri, fragili e intimi
porsero i loro fiori.
L’ultima luce del giorno svelò dopo,
al bordo delle pietre, il confine tra vita e morte
affidandolo ad altri contorni
che sbiancano come calce l’onda
accarezzando innocenza di rosso fiore.
Eterna ammutolisce la parola
sullo stesso confine della bellezza
ove il tempo semplice e innocente
questa volta ha lasciato libero
un nome di aquilone.
Non è dato sapere se ci saranno ancora
parole per cantare la bellezza bluastra
del mare, per accarezzare quelle acque,
i fiori e le erbe di Gea
e i sogni nelle forme del bello
dei suoi quaderni,
ove la vita continua in luogo impossibile da dimenticare,
come fosse suono di pianoforte,
anni d’amore di una goccia d’acqua
che si percepisce come perpetua,
al mascherone della fontana,
nella carezza della sete,
punto esistenziale di riferimento
sottratto un giorno alla vita
con violenza di piccone.
Gea , addio.
Capo d’Orlando, 7 agosto 2017