di Giovanni Torres La Torre
Questo è ora il tuo corpo,
ricordo e cenere del frumento di sconfinante colline
in giallore di sole che matura ancora le spighe,
accorda chitarre di cicale e grilli,
ingrandiva richiami striduli di uccelli;
corvi e altra specie in vocazione di rapina,
sono tornati lungo orizzonti di fatiche
nelle terre spogliate da Verre,
ladro dell’Impero di cui fu Pretore,
storia tramandata da Cicerone
nella bella scrittura delle Verrine.
Che peste e che rovina fosse stato della Sicilia
è risaputo, angariò i cittadini di Alesa
fu predone insaziabile,
saccheggiò i Tindaritani
e la divina bellezza della statua di Mercurio.
Molte lune dopo –, il gelo di marzo stringeva ancora
le erbe dei pascoli, le gemme,
il cuore del frumento –,
sei tornato entrando
dall’ancestrale porta degli schiavi
a scavare con mani d’altro lavoro
resti alluvionali per la bonifica delle terre
per il pane, tra mietute paglie e notti di fervore
nel teatro sindacale della Camera del Lavoro
quando già scemavano gli ultimi ardori dell’epopea,
ma già inquieti i pagliericci di Foieri allertavano sentinelle
perché non tornassero gli agguati e i restami
di antiche scorrerie saracene,
ma tu non sapevi che proprio in quell’alba
gli eredi di Verre ti aspettavano al passo:
là era roba di mafia sin dalla notte dei tempi
da sommare ai quaranta milioni di sesterzi
rubati dal pretore dell’antico Impero Romano.
Languido negli occhi e cadendo
l’ultimo sogno lasciava la vita
che il giorno prima era stata un bicchiere di vino,
una boccata d’aria sulla porta
e un desiderio di bambino di correre ancora
per campi e per fiumare rincorrendo farfalle.
Capo d’Orlando, Marzo 2017
Da Bellezza mutante, di Giovanni Torres La Torre
Premessa di Aldo Gerbino
Copertina di Silvia Ripoll
Ed Plumelia, 2019