OH LUNA DEL RIMPIANTO INFINITO!
di Giovanni Torres La Torre
I
Non sei più tornata
oh luna dell’amore notturno
sulle erbe delle colline
per accarezzare la rugiada
con soavità di sorriso,
diletto, rapimento
e ramoscello di gelsomino.
Hai forse smarrito
i passi notturni
per strade di viaggi inconsulti
oh luna di luce pellegrina
o sono i giorni tremendi della vita
che perdono profumi
– ovunque giace in morte una foglia –
e le rose che amavi
non confidano più passioni di spine.
Così, mia amata
nell’attesa e per non morire
ti nutri di altro miele
oh luna di vaghezza senza fine!
II
Di inconsueta tonalitÃ
la sinfonia del bosco
incantato nella sua malinconia;
ma quando trasaliva,
la tua lumeggiatura
eseguiva arpeggi di poesia
tra le siepi del labirinto
inseguendo invisibili passi
ove si rincorrevano piacevoli storie
di fauni e baccanti
un segreto difficile da svelare,
amara bevanda
oh luna di tondeggianti bellezze,
medaglia d’oro zecchino, forma unica
di sublime misura!
III
Dormivano ancora le rose delle regine
alle balaustre della notte
e indolenti al fruscio del giorno che veniva
sicché, spenti i lampadari,
le prime parole
e nell’attesa che si alzasse il sipario
erano le ultime, proferite in giuramento,
della stanza nuziale di antiche divinità :
di pioggia amorosi
i narcisi infiorivano
e di altri gigli
oh Afrodite!
il tuo sorriso di amore e bellezza,
devozionale bacio alla corolla
che si schiudeva in altra forma di fiore,
ibrido perenne, oh mistica rosa!
IV
Mai esausta
tu pure illanguidivi
luna d’amore
nelle stagioni di filari dorati di racemi.
Era allora
che sulle vertigini delle chiome
si allargavano
ringiovanite da nuovi tepori
e su gemmazioni innocenti,
altre eccitazioni di sillabe musicali
lungamente assopite
e che ora germinavano, improvvise
da ottoni, tamburi e altri strumenti d’incanto
che sapienti orchestrali
a cenni di coraggio del maestro Messiaen
maneggiavano nascosti nel silenzio
e solenni
come quando si andava
ad una prima do Beethoven
in abito gran galÃ
e pure tu, bella ammaliatrice
apparivi in candore
sul tappeto di muschio, felci e cespugli di mirto,
immacolata luna!
Un ricordo, ammirandoti
di altra sinfonia
di cui era stato smarrito lo spartito:
ad ascoltarla di nuovo, però
svelava tempi sognanti della vita andata
oh luna di ardore infinito! e le passioni vissute
di cui non ha misura il rimpianto.
Ma quando
non del tutto albore
stanche le erranti meteore notturne
tanto amate da Lucrezio
e genuflessi i ciclamini
sulla mensola della cucina
porgevi l’ultimo bicchiere di vino
per altre ardite confidenze,
oh luna, limite infinito della tua figura,
contorno della vita e della morte
dei paesaggi nei chiari e negli scusi, oh luna dei misteri
luna, oh luna, solo allora e senza timori
per la tua eternitÃ
rileggevi la favola di Apuleio, Amore e Psiche
rinvenuta con altre carte e pentagrammi
nei tuoi viaggi notturni in cerca di misteri
quando nel cielo si smarrivano
ultime superstiti le stelle
i cui nomi d’amore
oh luna smemorata!
la scienza degli astri
aveva sino allora ignorato.
V
Nel suo notturno
la rosa Mistica
aveva chiuso le palpebre.
Non è dato sapere
se la sua malinconia
o sorriso di lontananze ignote*
fosse voglia di pianto.
*Dino Campana, La chimera
Capo d’Orlando, Novembre-Dicembre 2013