Elogio della memoria

Di Giovanni Torres La Torre

In memoria delle vittime della Shoah,
di Paw Adamowicz assassinato dal lupo mannaro
sovranista e populista che si aggira per l’Europa

“Non c’è vita senza memoria ”,
così inizia a parlottare il vento
giunto da lontananze di barbarie,
Auschwitz ed altri inferni
presi in cura da quel regno del male
che progettava la more.

Lo aspettano parole di benvenuto,
gli ovali delle opaline dei cimiteri
incastonati nel freddo della luna,
la disperazione del maestro del paese
per la vita breve delle sue scarpe,
la penna e il calamaio a cui il ventennio
tolse la parola che recitava poemi.

“E’ la memoria che parla ancora
alle ore lievi, alle ceneri della Shoah,
ma quegli inferni premono alle porte
con altro fuoco”, sussurra ancora la voce,
lasciando angolo dopo angolo
ombre di passanti, ogni piccolo mondo
a pensare alle proprie colpe.

Si sospendono lente le mani ai ricami,
al ritorno sofferente del pane e dell’acqua,
tragici cammini e indistinte voci di angoscia,
ai margini dei boschi e dei fiumi
forse con debole voce per dire di quell’altro tempo,
dei fiumi di ossa e carne di Mathausen.
Si lamenta il canto degli uccelli nel cuore del bosco,
con intimi sentimenti, e tra i più sospesi.

L’usignolo di Federico Garcìa Lorca,
uno dei tanti tra i primi visionari
di quell’epoca infame.

Non ha pace il vento e cambia tono
quando agita le nostre chiome:
“Cambiano i colori della vita e della morte
come nei fiori, così anche la nostra storia,
la ragione che scrive e riscrive,
così le mani che disegnano i sogni
come se i viventi della terra
avessero sempre a che fare con i fantasmi
tralasciando l’altra anima in altra carovana,
ai fili spinati con brandelli di carne e scialli e ciuffi di lana,
a piccoli fazzoletti di plastica dell’ultimo pane”.

Non c’è memoria che non ritorni
Con le pietre possenti di tante lontananze,
sulle lapidi, sugli immensi pianori del cielo,
dell’ecatombe studiata a tavolino
con eccitata follia.

Spazi bianchi nella Memoria
non devono avere scampo, se opachi
altre voci li apriranno con luce di lumino di tempesta che si avvicina
come in notte fonda.

Non si accomiata il vento della speranza,
sentinella alle incursioni dei lupi mannari
di giorni tremendi, intenta ad ascoltare gli uccelli
scampati ai roghi, che suonano ancora il tango di Auschwitz.

Capo d’Orlando 13 Gennaio 2019

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