Sogno che chiama ad apparire

di Giovanni Torres La Torre

Soavità di silenzio sul mare,
ventaglio di petali di rose
sceso dalla collina in abitino viola
che si schiarisce nell’azzurro
a tenerezza d’onda in fioritura.
E’ un sollievo di carezza d’aria
che il gesto culla con trasparenza di velo
ricamato sul seno notturno delle stelle.
La parola che affiora dai giardini marini
è un godimento che indugia alla soglia della notte,
merletto di languida camicetta
alla risposta dello specchio
interpellato di chi fosse la più bella del reame.

Anche le pietre mostrano la loro anima
innamorata della polvere:
un profilo di carne in venatura di roccia
si fa mutante agli occhi che accarezzano
immagine eterna del bello di natura,
fuggitiva se di nuvola
e transeunte come abbaglio.

Non ha confini quella bellezza
che si compone e scompone
come fosse un grande amore sul petto della chitarra
che chiede soltanto le dita per accarezzare gli occhi
e si dispera
con le parole di Federico Garcìa Lorca:
“La rosa
non cercava l’aurora
quasi eterna sul ramo
cercava un’altra cosa”. *

Nei notturni le lune degli amori si cercano
e come foglie fuggono a mucchi
per un altrove
o sono desideri di stelle cadenti
che abitano l’universo;
emozioni da educare conducono il gioco
in un regno ove i piromani restano in agguato
ai margini dei campi di grano
con rabbiose torce
a minacciare l’oro di Demetra.

Questa notte, sul mare di Camastra
la vita si è fatta miele
e lasciando la luce della sera
con un bacio sugli occhi
e un palpito di fiaccola per segnalare un approdo,
si può tentare di abbracciare una parola che invoca,

e lasciarsi stringere a traghettare
un giorno per volta in compagnia di una assenza
che aiuta sempre a vivere una consolazione,
se è stato deciso l’appartenenza a quella umanità
che risiede nei luoghi dell’anima,
delle mani delle parole e delle cose.

“Voglio soltanto una mano,
una mano ferita, possibilmente.
Voglio soltanto una mano
pur passando mille notti senza letto”. **

Poesia della poesia,
camicia elegante della vita
con anagramma sul petto
e ferite intime negli strappi,
colpi di fulmine che hanno lacerato gli incanti,
racconto del tempo perduto dei sogni
della vita come romanzo,
frantumi dell’eternità
che conducono il camminare
al limite prestabilito.

Tutti i colori della vita
impallidiscono e si rinnovano
e ogni carne si fa cristallo,
meritata opalina nell’ultima solitudine
del gelsomino senza tempo,
fantasmi di luci e ombre
di ognuno di noi.

* ** Federico Garcìa Lorca, Caside

Per il Notturno di poesia e musica, “Bellezza mutante”
e mostra di Giovanni Torres La Torre e Silvia Ripòll Lopez
S. Stefano di Camastra,
Museo della ceramica
27 luglio 2019

Your email will not be published. Name and Email fields are required