di Giovanni Torres La Torre
Alle raccoglitrici di nocciole di tempi lontani
Dopo lungo tempo,
– già favola sognante
della vita che trasmigra
e sarà forma di frutti
congiunti da madre natura -,
giunse a cercarvi sui monti Nebrodi
la bellezza del nocciolo,
dei suoi corallini di seta
con inflorescenze a spiga,
nobiltà di ricamo latino
e gemma femminile:
Corylus avellana
nel vestitino della festa,
la scienza botanica affidò quel nome forestiero
all’anima della pianta,
fuggita con vento propizio dalla Mesopotamia
o dal Mar Nero con nuvole vaganti,
per giungere nella terra dei caprioli,
dell’origano cenerino e violetto dalla Grecia,
dei sommacchi arabi che tinsero gli scialli
in terra di vostra grazia,
madonne bizantine!, volti di altri deserti e mari.
Suonano ancora i vostri nomi,
resistono tra le edere
macerie di castelli e contrade
per montagne di grifoni,
visitate dal geografo arabo Idrisi,
anch’egli approdato da oltremare
con numeri e alfabeti da lasciare in donazione.
Albero con tante foglie,
impossibile contarle ricordando i nomi
delle raccoglitrici di nocciole
nel gioco che il vento della memoria invita a fare,
nel mutamento della fisionomia cangiante delle chiome,
ma sono loro che conoscono storie di nidi,
di focolari delle antiche case contadine
che reclamavano un giusto salario per il pane,
i quaderni dei bambini,
l’olio per la lampa agli antenati
o il petrolio che anneriva il tubo del lume
nelle sere delle fiabe.
Nei giorni della fatica delle mani,
dei canti che si rincorrevano in cadenze amorose
o di diritti sindacali,
da svallamento a svallamento
resistono i borghi natii e gli ultimi nell’età,
a volte in solitudine,
nei ricordi di lontane florescenze
che facevano la bellezza della loro stagione.
Ma non può essere solo rimpianto
di piccole gemme di rossetto.
I rami si abbracciano ancora
quando luna amorevole ne accarezza la memoria,
radice profonda di magici boschi.
Ove è ancora possibile tornare in ascolto
della musica del torrente,
immaginare che da là sia passato
il grande cantore del bosco
Olivier Messiaen con coro di uccelli,
o altro maestro di cappella,
o campanaro dei bronzi di Palermo o Siviglia
o mastri fusori del luogo,
o gocce eterne e creatrici che frusciano anelando al mare,
là ritorna la vita nell’eterno gioco che continua.
Capo d’Orlando 12 05 2017