Cinque poesie in ombra e luce

CINQUE POESIE IN OMBRA E LUCE
di Giovanni Torres La Torre

TRA SOGNO E REALTA’

In apertura d’ali
giaceva a segnale di pagine
la viola, ansiosa
e in vestitino da cerimonia
che Laura delle Ninfe
aveva adornato d’amorosi sguardi
nei lunghi pomeriggi dei profumi
sospesi in ansie di madreperle
di gelsomini.
Ma quando un filo di seta
impaziente al gesto gentile
stringeva il nodo al ricamo
e la parola del libro
esalava un sospiro,
la vita sospesa tentava i primi dubbi del sogno
e si rifugiava in luoghi fiabeschi,
ma già notte piena
anche la luna soffusa di premure
e meditabonda,
con altro gioco di luce
apriva il ventaglio del pavone
e girovaga in cerca di nuovi confini
svelava in quale dei mondi
si sarebbe alfine fermata
esule e stanca
lasciàti al riparo nel prodigio notturno
trasparenze di solitudine
in veli di sete del misterioso oriente
e il candore di infinite pene
di celeste figura incoronata di spine.

INCERTA NELLA LUCE

Incerta nella luce
la sera di un suono di campane
chiama gli ultimi voli al nido.
E’ l’emozione del giorno che si chiude
nel ritorno che quel tremito d’ali
compone in girotondo di bambini.
Le rondini passano a salutare
le porte del borgo contadino
ove si affaccia il profumo del pane
alla rosa della sera che si inchina
all’ ansia di lumini.
Melodiosi uccelli
cercheranno la rugiada
e stanca di lunga notte, all’alba che sboccia
la luna lascerà in dote alle colline
incompiuti incantesimi di nostalgie.

II
Chi fossero gli appassionati cantori,
di loro nessuno conosceva i nomi
né il sistema tonale di riferimento
né superstiti svelarono i volti
già in pieghe di foglie morte.
Di luoghi luminosi, invece
voci che passavano timorose
riferivano di avere udito squilli di trombe
cori di preghiere nascoste
che imploravano grazie eterne,
ma risposta di una sola voce
mai venne.

FANTASMA LIRICO

Fantasma lirico
stornella querule note
e come nella favola
luna smaliziata
porge alla finestra
miele di giovanile ardore.
Cantano le ferite dei grilli nella voce
ritornelli smaniosi di altra sete.
Nel cielo, divinità di amoroso gioco
gode a scomporre figure
in destini di altre ombre
e drappi cupi di luce ignota.
Donna Laura degli Amori Perenni
smaliziata al pianoforte, ricama
lirici smeraldi di colori e suoni
sacri nella voce,
mentre alla conchiglia
gorgogliano gocce di lampadari.
Non ne godranno
i sepolti nelle fosse dei giustiziati
e i morti della solitudine dei cimiteri
appartati nelle periferie dei paesi
le cui terrazze scrutano l’orizzonte
e valli di misteriosi uccelli;
o ascoltano fiumi sereni che confidano storie,
il silenzio di case abbandonate ai ritratti degli antenati,
a calendari e figure di vascelli,
agli antichi smalti bluastri e bianchi del lavatoio,
alle roncole di molte stagioni e alla terra
ove non ci sono più fiori
per fare il miele.*

*Oscar Wilde, De Profundis

IL CHIASSO DELLE CICALE

Fanno un gran chiasso le cicale
riunite in assemblea sindacale.
Lontananze di campane
schiamazzano rintocchi di allarme
per un incendio che avvampa.
Abbaiano i cani del vicinato
e si disperano gli uccelli
cercando oltre il fiume un riparo.
Non si muovono gli alberi
terrorizzati nelle chiome
né i nidi incompiuti al volo
né le stelle lontane e attonite
luminose di luce perenne.
Fuggono le farfalle con ferite alle ali
e le api senza orientamenti di fiori.
Grandi amori
emuli del Cavaliere della Mancia
cercano scampo nei loro boccioli
prima che il gelo impietrisca
la misteriosa vaghezza
di antichi profumi.

OMAGGIO A OSCAR WILDE

Non fu trovata dagli inquirenti
la perla dell’anima del poeta
gettata in un bicchiere di vino.*
Doganieri ubriaconi
avevano visitato la taverna del Bravasco,
titolare del ramo d’arancio
e lanterna allo scalone,
ma ne erano usciti sbronzi
per la generosa mescita dell’ostessa Linguadolce.
Né tra le felci che nessuno miete
i bracconieri annusarono
la traccia del sentiero delle primule
né i cani scovarono selvaggina.
Nessuno infine udì giungere
suoni di flauti
né gracidìo di pantano
e non è dato sapere
se favi di miele
diedero al poeta la vita che vantava.

II
Tracce sfarinate di alfabeto
resistono sui muri delle case
che il sole del poeta più non indora
né inargenta la luna.
Le scritte innocenti e appassionate
di sognatori improvvisati e imbianchini di calce
sono rimaste incompiute
nell’ombra timorosa dei lampioni
e all’amaro destino di altri inganni.
Sotto anonimato,
appassionato lettore di Oscar Wilde
ubriacone abituale della taverna,
giura all’ultimo bicchiere
di aver percepito il significato mistico del vino
e la vera bellezza del Giglio di Campo,
trattandosi del buon rosso della casa e del secondo nome
affibbiato alla tenutaria del lupanare.

*Oscar Wilde, De Profundis

Capo d’Orlando, Aprile 2014 – Maggio 2015

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