Notturno sulle alture delle terre di Orlando

NOTTURNO SULLE ALTURE NELLE TERRE DI ORLANDO
di Giovanni Torres La Torre

In questa poesia – altro omaggio del poeta a Capo d’Orlando -, si riprendono i temi de “Il paesaggio e la bellezza” ampiamente presenti in tutta la produzione dell’A. e tema predominante dell’ultimo libro di poesie “Luna visionaria”, editore Prova d’Autore, prefazione di Stefano Lanuzza, da settimane nelle librerie.
Poeta civile, Torres, non mancherà di tornare sui temi delle tragedie contemporanee, con la capacità riconosciutagli dalla critica letteraria.

NOTTURNO SULLE ALTURE NELLE TERRE DI ORLANDO
di Giovanni Torres La Torre

A sublime figura
di stella cadente

Si riposano le benigne stelle
cadute tra le erbe timide
della notte dei desideri
e tremori di palpebre insonni;
a cercarle nella terra di Orlando
la luna fa capolino in vaghezza d’armonia
tra oleandri e cipressi
in vocazione di riposo.
Vagheggia la sua luce la bella regina
complice di ardori notturni
e quieta sulle pietre dei defunti.
Un cantico giunge
e fa gentile il luogo ignoto
del suono che arpeggia solitudine.
E’ Laura delle Ninfe
che declina per la collina
verso il velo del mare
lasciando macchie di ginestre
e canneti confusi nella dimenticanza:
forse una serenata alla luna
o nostalgia di un tango che torna dalla cenere
o lamento di spina precoce
tenera nella notte del desiderio
quando si perse nel velo
di sublime figura di stella cadente.
Non è dato sapere
se fiore di audaci carezze
sublimandosi nell’offerta la cinse al seno
ingravidandola di amore perenne.
Si narra del luogo in cui visse
fiorente di frutti e siepi di more
ove esalavano gli origani
nel tempo di loro forma gentile
nelle inflorescenze rosate
di profumo di miele.
Ricami di cuscini nei colori di Plinio
evocano ora nascondigli di nidi
e quiete e giacigli di giochi improvvisi
e visioni interiori e ripari nascosti
in altri mondi.
Alla frescura segreta di un fosso
si dissetano gli abitatori del luogo
ove si esalta una voce
a dirigere la corale del giorno.
E’ Laura degli Incantesimi
nella nenia che si ode,
una stilla di ristoro
alla rugiada delle labbra
o pena in arsura di castit
e per desideri umani.
A ripercorrere il racconto,
dall’oscura pozza sgorga
la parola del mistero
con le sue possibili forme
nelle nuvole ove cori d’angeli
come nella cantoria delle cattedrali
intonano sogni musicali
o forse sono isole immaginarie,
lontane e in profili cangianti
d’altre figure amorose
connesse o sconnesse
nell’azzurrino leggendario limite
dell’ordine e del disordine
della visione.

II
Oltre la siepe i cui frutti rossi negli occhi
deliziano gli uccelli,
appare il luogo del sonno;
ivi le foglie restano nascoste
nell’ansia di un’ala di vento
che rimetta nel gioco
la loro voglia di correre
tra i filari dei rifugi
ordinati come vigne
e antiche figure di antenati
che guardano il mare o i monti
o il cielo
cercando ancora il nome di una stella
ove abitare.
Sono tutti grati negli sguardi
alla luna calante
che segnala il tempo propizio
per il taglio delle canne
generose d’ance per il fiato alle zampogne.
C’è un sogno che si confonde
con la realtà dell’altro mondo
e che la memoria conduce
all’albero che si sublima
nella compiuta stagione di sua natura.

III
Frutti d’autunno
vanno in fretta e con voce antica
ai filari della collina.
Della pietra dell’ultima stella
venuta da lontananze incerte
un desiderio si ostina
a ricordarne il nome
e il volto col muschio già agli occhi
che lascia in ombra sguardi d’amore
e belle forme della carne del tempo delle cose
che resiste alla morte
ma che ora
non distratta, da lontano ritorna
–ricordo di luna assente –,
desiderio di percorrere il silenzio
come quando la neve dell’ultimo inverno
donò al viandante con la fisarmonica
il fiore porporino
che teneva sull’orecchio
sussurrando le belle parole:
“Riconduci al tuo muto orror divino,
solitudine amica, il sacro piede” *
che tremore lontano
incise con devozione di ferro
sulla pietra eterna.

* Luis De Gòngora, Alegoria de la primera de sus “Soledades”.

Capo d’Orlando, Agosto 2014 – Luglio 2015

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