IN MORTE DOLOROSA DI GIULIO REGENI
di Giovanni Torres La Torre
I
Ci saranno altre occasioni
quando vorrai ancora una volta
parlare della vita di questo tempo,
dei tuoi sogni,
dei laghi, delle montagne e dei fiumi
lasciati come orme di dolorosi e felici sentimenti
di un giorno qualunque,
rimpianti di un solo momento
o lunghi incanti di amori lontani:
uno spazio semplice del giorno e dell’anima
che si dilatano ad altri mondi
per incontrare strade nuove,
lasciando bordi di alberi e felci,
sentinelle di nidi a merli di castelli
e fiabe e principesse di paesi abbandonati.
II
Ci saranno ancora altre notti
per guardare la luna
sorgere nel mito di un amore
e le stelle amiche dei labirinti brillare parole
tra compagni mai stanchi
che inseguono le scie morenti del firmamento,
quando precipitano in luoghi incerti
e lasciano del loro cammino
frammenti di lampadari.
Le pietre delle case perdono i loro profili
nella polvere delle macerie
e il nulla pesa come macigni
ai bordi delle strade,
tra divinità macchiate di sangue
negli scassi definitivi concimati dalla carne,
ove tra arbusti il ragno tesserÃ
la perfetta bellezza della sua fuliggine
e trame antiche di tele, misure perfette
di geometria e matematica degli antichi egizi.
III
È tutto nelle mani di una magia
– certificata all’anagrafe col nome di Memoria –
che ha preso ora per mano anche il tuo nome
vergato nel compimento improvviso della vita
col tuo inchiostro ancora fresco
alle pagine de il Manifesto,
al libro che non hai finito di scrivere
ma già rassicurante della sua presenza,
una voce amica che spaventa i gendarmi del tiranno
e che ora veglia, dolente, il tuo sonno
col pianto della voce che accarezza
le ferite tormentate per strapparti l’agonia
nell’ultima stanza della vita breve
recisa in basso stelo.
IV
Per seguirti con un fiore
nel viaggio che compirai, per forza di memoria
è l’unica strada che sappiamo percorrere:
il dolore ci sorprende
nel corteo di vecchi compagni giunti da lontano
per ascoltare parole memorabili,
– è l’alba – e rumori che si svegliano
nel gelo cristallino di straccetti di miele,
nel silenzio della musica
e di qualche libro di poesia
che giace, superstite al massacro,
nel grembo doloroso della soffitta,
edizione ingiallita che sigilla
fragili ali di farfalla
che si spezzano nella fatica di librarsi
nella prima luce sui profili delle colline.
Nelle pagine di un’altra storia,
in un altro chiarore di incerti lumini,
resiste nella voce la parola di Gramsci,
anch’essa strappata a punte di coltelli
nel taglio al melograno di frutti eterni.
Ancora una volta, i sentimenti e la storia
si reggono come anelli di una catena.
Capo d’Orlando, 6-7 Febbraio 2016