I giorni mortali dobbiamo ancora guardarli negli occhi e salutarli in uno specchio di mondi che se ne vanno via, articolazioni di silenzi che sfarinano ai bordi della luna e si spengono non visti dai nostri vecchi in fine lenta di corale che si allontana.
Si svuotano i nidi della grande quercia
Non ci siamo a vederli partire
Con le parole che non abbiamo potuto dire
Neanche con fanfara di silenzio
A donne e uomini
I cui significati di viver
Abbiamo ignorato da tempo
Come storia trasparenza
Di un suono di pianoforte memoria vivente che torna nella notte
Sulla tastiera di lontananza di stelle.

Parte terza – “Diario pubblico
di Giovanni Torres La Torre

Veniamo all’altare della tua danza,
oh lieve ala di farfalla!
sintesi perfetta nell’amore più breve
che lascia il fiore nel rimpianto,
quando travalica la collina
portandosi via profumi giallini
di margherite.
Anche noi vorremmo partire
per quella fuga musicale
che possiede altro tempo,
pausa solenne richiesta dalla tastiera,
ritmo ora allegro, ora imitazione di altri ingressi,
altra maniera che apre spiragli trasparenti
quando trovano comunione
nei colori più belli delle vetrate,
indora altra luce e la bacia
nel sogno di quell’incanto; è forse
la rosa Floribunda, dai petali che sanno morire
quando si imbiancano leggermente,
si purificano le mani quando la bocca
si riempie di saliva di baci
e anche i tamburi battono serenità di passione
nel ritmo della danza di quell’altare,
nelle ali che conquistano i merli del castello.

Parte seconda – “Diario pubblico”
di Giovanni Torres La Torre

Ha tante voci la vita,
grande suono di Bellezza
le sillabe della fame e della sete degli uccelli.

Se il lamento di strumenti musicali
rattrista l’anima di tutti i sensi
l’enigma è sempre Bellezza in cerca di variazioni.

Bellezza!, esclamò la foglia cadente,
è un’idea della vita, il bacio all’aria che si respira
il canto del fiume che corre a morire.

In corale di cattedrale in splendore di suoni
è Bellezza il capo chino di un velo
nel silenzio che si dispera per qualche sconforto dell’anima.

“Diario pubblico”
di Giovanni Torres La Torre

I
È stata lunga
questa notte di silenzi
ognuno con la sua luna
sino al dono sereno dell’alba.

II
Conosco e non conosco i volti e i nomi
di chi ha bussato alla mia notte,
ma se vivi o morti non mi è dato sapere.
Nei sogni hanno la stessa voce
soltanto non vedi
la metamorfosi dei loro occhi,
se morti, l’intensità tenue dell’ultimo desiderio,
cosa avevano da dire agli assenti.
Se vivi, ricordi colore di sguardi,
Il senso nascosto di un silenzio
che non turbasse le delicatezze della visita.
Ma ora, si facciano vivi, i morti e i vivi,
come meglio possono,
a consolazione di parlare e ascoltare,
per chi ha o non ha residenza
nel Tempio della parola
del tamburello di farina di Federico Garcìa Lorca
e della vita che continua.

Foglie d’autunno nei colori che si confondono
“verdastro e antico oro
e zolfo preso da turgore di terra”,
lasciandosi cadere dalla stanchezza del castagno
cercano riposo tra i ricci rimasti a bocca aperta
come nei cumuli dello sterminio.


Colori d’autunno nel bosco delle Caronie
da “Bellezza mutante”
Premessa di Aldo GERBINO
copertina di Silva RIPOLL
Plumelia edizioni, 2019

Il bosco, 1980, olio su tela, 1,50 x 2,00

“Diario pubblico”

di Giovanni Torres La Torre


Ascolto lontananze di luci e suoni
Polifonie di colori
Come se una divinità dei luoghi
Avesse voluto svelare un incantesimo
Con voce di flauto traverso
Ma non appare volto di sirena
Ma di colline di ulivi orientali
Nostalgia di orazioni amorose
Di scuola poetica siciliana
O ruote di carretti
Su pietre di fiumi che scorrono
Tamburi sulle aie
Che tremano sottane di gitane
Afrori nel piscio su fieni
Di giumente in calore
Una processione di stelle
Che recitano storie a più voci
In duetto di leggerezza scenica
Di un tramonto che recita
La morte di scialli di ultima luce
Predestinata a lasciare
Per legge di natura
Una dote di silenzio
Ultimo tremito di candela, oh sera!
Sul mare insanguinato di garofani
In lode che si lascia morire
In solenne liturgia di scrittura sacra di libri
E nel silenzio che il tempo merita.

Capo d’Oelando, 29 Marzo 2020

Labirinto di primavera, 2020

Diario pubblico

di Giovanni Torres La Torre

Viandanti della vita
si chiedono se ci sarà altro tempo
per l’utopia,
se potranno ancora scrutare le stelle
che orientano gli smarrimenti
vaganti di vele,
ascoltare parole nascoste,
e se il mondo che avevano sognato
ha ammainato le bandiere
o se, solitaria nella loro grandezza
resistono nei cori
del bosco della memoria.

Capo d’Orlando, 24 Marzo 2020

“Diario pubblico”
di Giovanni Torres La Torre

Ove giungi, occhi stupiti in ansia di gemme
su incanti di ginestre
chiedono da che parte di mondo vieni,
e chi cerchi.

“Qualcuno mi ha chiamato”
e sveli di essere là in visita
a divinità di silenzio.

Indichi un labirinto di bosco
come per condurre le mani
a fiati di marasmi di pentagramma
che attendono di accarezzarti la fronte.

Svolta all’orizzonte
lontananza di cielo e mare,di amori e ombre,
un levità ambigua che accarezza
le frondi di incipiente primavera.

Serena,una tensione indugia
in armonie di varianti
di un rivolo che confida col ruscello
una empatia.

di Giovanni Torres La Torre

Quella musica sconosciuta
Qualcuno un giorno dirà
Agonizzi da sempre
Nell’eterno fuoco.
Non saprà svelare
Da quale parte
Ci perdiamo a navigare
In tutto quell’altro
Che nascondiamo
Non avendo tempo
Di svelare il sogno.
Si continuerà così,
Persa la stella
Navighiamo a vista
In tutto quel mondo
Che non ha più
Voce per dire.