


Quali correlazioni reggono
da valle a valle
un convivio di ninfe
e visioni alberate di confini?
E quali occhi figurano
forme alterne di chiome
di sistemi segnici frangivento
e latenti amabili significazioni
di muri e alberi di vita antica
superstiti al rogo?
E tra postille incompiute e timide
di svelamenti di oroscopi
e la mano che conduce gioco di foglie,
che desiderio è possibile
oltre il delirio musicale
di un organo a canne incantate
e il ciuciulire di uccelli che trasalgono
per avvistamenti di gelsi di madreperle?
E quali nessi tra i cantori della vita
e l’abbaio dei cani dei predatori?
Rifletta al suo passare
la ninfa del vento
nel confidare i misteri dei suoi viaggi
nelle complessità della bellezza
che accarezza, per altre forme
ricami di scialli
in figure di lunette
o di quella altura in notturno sogno di luce
che rinasce.
Capo d ‘Orlando – Naso, bosco di Amola, Messina

Centrocopie e Mondadori point
esposizioni permanenti
Giovanni Torres La Torre e Silvia Ripoll Lòpez


Ogni valle ha la sua poiana,
un paesaggio di rimandi
e voli che si occhieggiano,come nella vita
amori con indeterminatezza
di luci e ombre.
Ma, se non questo,
è quiete immaginativa di emozioni
che orienta le ali
nel gesto che cerca un mito di danza,
di parola gregaria nel cingerle il fianco.
Del linguaggio, sui linguaggi amanti
per restare in vita, la poesia
esplora altitudini e precipizi, si affascina del vuoto corteggiando sconfinamenti,
inganni di oroscopi e di indulgenti stelle cadenti.
Che sia consapevole è nel fascino del mistero
cui non chiede chiarimenti, anche gli uccelli
hanno benevoli divinità che concedono i semi
nidi di sterpi e madreperle,
melodie di cielo e terra perché la vita continui.
Capo d’Orlando – Naso, Bosco di Amola, Messina



Prof. Maria Rosa Vitanza
I versi sono i colori di un animo inquieto, sono storia e mito ma sono anche visione di una natura leggiadra che offre emozioni con nuances che l’artista riesce a cogliere per raffigurare il proprio linguaggio. Versi e immagini in un lavoro polivalente per migrare, in maniera alternativa, dall’intensità della parola alla sperimentazione della pittura, nella quale l’artista rinasce e crea nuove performance laddove i colori ottenuti dalla lavorazione di prodotti naturali riportano alla mente splendori d’altri tempi.
Torres, abile nel fruire della parola pura, la fa veicolare nella pittura e nella scultura ed ha elaborato una composizione artistica in una perfetta armonia di pittura e versi.
Due opere di Giovanni Torres La Torre dal titolo Il senso dei misteri eleusini, i versi si proiettano nella pittura e, sulla base di un volto di Ripoll, trasferiscono magicamente il lettore su un piano altro, in una dimensione mitica e davvero epica, rielaborano il sentimento della bellezza antica trasfigurandone le caratteristiche con un lavoro che presenta canoni e tecniche innovative.
È questa una poesia tridimensionale nella certezza dell’artista che la parola può assumere valore assoluto dopo la sublimazione della bellezza dell’arte classica, che di per sé è mito di un tempo lontano, senza però che essa perda la sua essenza nell’attualità laddove viene perpetuato il valore essenziale pur nelle diverse modalità.
Creatività è la parola d’ordine di un artista completo che scarnifica le sue emozioni e le ripropone nelle diverse forme di arte che, nel loro alternarsi, danno vita a raffigurazioni polivalenti pur nella coerenza del messaggio.
Il volto è il simbolo primario di questo percorso artistico: volto come bellezza autentica e originale, bellezza raffigurante e raffigurata che si nutre del dare e soprattutto dell’essere e si manifesta nelle elaborazioni corrispondenti.
Il mito emerge dalle parole e si trasforma nella tecnica pittorica, nella fusione dei toni laddove i colori tratti dalla natura, creano sfumature, chiaroscuri e riflessi che compongono la migliore pittura, emotivamente incontenibile, sempre euritmica e melodiosa e, sul pentagramma dei versi e dei disegni, si sprigiona l’estasi delle emozioni.

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Esposizioni permanenti

Superstiti di massacri
bussano alle nostre inquietudini
in cerca di nuovi orizzonti,
si offre un soccorso
o si aizzano i cani.
In ogni caso, gli smarrimenti dei giorni
sconnettono le certezze,
i sistemi di segni costitutivi della vita,
solidità di architetture di desideri
di soglie esistenziali ai varchi quotidiani.
Amiamo le bellezze delle metamorfosi
oltre ogni stupore,
ma la disperazione intorbida
trasparenza di luce,
offusca ragione e sentimenti.
Ma su quella linea bisogna trovarsi
in soccorso reciproco,
con sostegno di fasciame, ossa e carne
e traslazione della comune umanità,
smontaggio e ricostruzione dell’esistere che continua.

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Esposizioni permanenti Torres-Ripoll

“DIARIO PUBBLICO”
di Giovanni Torres La Torre
Le stanze dei libri e delle parole non scritte:
il galloitalico e gli spartiti,
altri suoni di legni di telai, ricami di torrenti e fiumi,
alberi frangivento nei nomi donati dal grande arabo Edrisi
che venendo da queste parti chiamò saie e zagare
con la sua lingua, i suoi numeri e i mulini ad acqua,
le corali contadine all’anto e i suoni delle campane.
Riposano ora lemmi e quartare stefanesi,
muri a secco e balate dei costruttori della bellezza,
del paesaggio, del regie trazzere,
le amiche sacre della mitologia
e del latte per i nutrichi delle madri
senza orgoglio di seno contadino
illanguidito nell’ultima epopea di sconfitta.

Uccelli del paradiso
possiedono bellezza di ali
che si può concedere
alla visione di infiniti silenzi,
di quando intrecciano azzurrine melodie
in tremiti sottili di variazioni.
Il senso pieno o smerlato
in congiunzione di voli
e la mobile geometria delle scienze dell’universo,
cercano in quel cielo
la nostra trasparenza
che finge, per mercato di vivere
di non conoscerne il nome.
A sera che verrà,
scende dalla luna
a denudare le sue fasciature
un nascondimento
in sofferenze di carezze
e un sogno
di un sogno nascosto alla palpebra di un lumino.
Altrove, smielata dai tempi
lunghi del suo languore,
risonanza di flauto,in scrittura, fa capolino
presentando il saldo del ristoro
alla manica larga larga di grazie di donna metamorfosi
che par venuta a offrire al viaggio
un soccorso cangiante di mappatura.
All’enigma di partire ineguale al risaputo,
voci misteriose di uccelli notturni,
dal bosco di Ducezio e cun multa bastanza
svelano pensieri di sottolineature
e vaghe tracce di devianze
a margini di punteggiatura
come sventura di precipizio di stelle.
Riprende fisionomia
la dimensione del tempo dimenticato
di bagnarsi le labbra
al calice di dionisio,
a leggerezza amorosa di foglia
che si lascia andare
al respiro lieve del glicine.
Nell’accadimento del sublime
che svolta l’angolo di partire
un corteo di alberi di paesaggi umani
incorona di alloro
di grafemi e fonemi
il silenzio che rimane
nel possibile e nell’impossibile del suo eterno.

14 .11. 2020
