Dall’oscura foresta di Giovanni Torres La Torre

in memoria di
Anna Frank


I
Dall’oscura foresta
vento di cattivo augurio
di cui il mondo ha conosciuto
il nome di sventura,
giunge a scuotere i platani
delle città d’Europa,
altri alberi e lampioni
e scantinati che cercavano scampo
al terrore dei giorni,
quando per le strade
le armi dei nazisti e dei nostrani
andavano a caccia di ebrei
e altri innocenti malvisti
dalla tirannide.
Quel vento ulula ora
anche con voce di poveri disperati,
odio per altri poveri
mentre suprematisti planetari
intossicano le parole che corrono veloci,
armano mani plebee e proletarie
con pietre e clave e minacce di pistola,
cingono con filo spinato
fiumi e montagne
avvelenano pozzi d’acqua
l’inchiostro dei libri,
il fiato di cantare di poeti e giornalisti
e il suono delle campane e l’incenso santo.

di Giovanni Torres La Torre

“Non è successo niente”,
sospirò la luna
accostandosi a pozzo profondo di silenzio;
spazio di precipizio che attende
un gioco di mani sulla tastiera
pare non voglia toccare terra
e in attesa del tonfo che disegni
giochi di cerchi musicali
e poi esploda con gocce di stelle,
resta ancora in attesa
non avendo altro da chiedere.

“Non è successo niente”,
reiterò la luna note di pianto nella voce,
fatica di freddo di stagione
nel ripercorrere altri sentieri di silenzi,
varchi di cieli conosciuti
per adagiare e in riposo su quei lenzuoli,
segnali incipienti di luce,
una sapienza timida dell’anima,
un fiato che si disperda
nel tutto e che si veda passare
lasciando orme per un solo giorno.

“Non è successo niente”,
e fece capolino tra forme incompiute di nuvole
e notte che si annuncia generosa di luce, in lontananze
oltre il loro sonno, tra cannicci che guardano l’orizzonte
e riposi di barche con nome sul fasciame.
Ma da quelle parti, non c’è più
bellezza di sguardi che possa testimoniare
di aver visto morire la sera, eppure
eppure, la luce che svaniva in sua trasparenza
era suono d’acqua che raccontava una storia
a rive di rosmarino.

di Giovanni Torres La Torre

Nei labirinti del mondo
altri presepi arredano la festa
con scarti di opulenza
e rovine di guerra,
scheletri di boschi come sacre colonne
nei giorni dei sacrilegi.

Nelle baraccopoli del mondo
non c’è futuro per la pace promessa,
non ha scampo la parola
che muore di sete
o recisa alla gola:
i dèmoni del cielo e della terra, discendenti di Erode,
hanno avvelenato i pozzi,
i frumenti nella tenerezza di crescere
canti e voli di uccelli, l’innocenza dei bambini,
scomposte le belle forme degli antichi alfabeti,
i ricami e i racconti delle sacre scritture,
saccheggiate le urne
dell’oro dell’incenso e della mirra,
trafugati i calici dei tamburelli di farina
e del vino fattosi sangue,
le pale degli altari, la sacralità
e la mitezza delle belle madonne.

Silvia Ripoll e Giovanni Torres La Torre alla Casa delle Culture

Due artisti in tandem alla Casa delle Culture.

Testo tratto da acmed.it

Domenica 8 Dicembre 2019 alle 17:00 si inaugurerà la mostra bi-personale di Silvia Ripoll e Giovanni Torres La Torre.

Fotocamera, matite e pennelli si sposano con il computer per creare opere d’arte che emozionano e lanciano messaggi di fratellanza e sorellanza, per cancellare i confini che albergano nelle menti.

La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 31 Dicembre 2019.

Casa delle Culture, via Vittorio Emanuele II, 3/5, 98070 Acquedolci (ME)

Qui di seguito due testi appositamente scritti per presentare il concept della mostra:

di Giovanni Torres La Torre

Ci sono anche io,
con un libro da donare
e altre parole.

Ci sono anche io, cerco un libro
che sappia svelarmi
la bellezza che non conosco.

Ci sono anche io, e in solitudine
con la mia libertà cerco un fiato di memoria,
il nome di un amore.

Ci sono anche io,
con la mia chitarra
per intonare Bella Ciao.

Autunno di resti di ombre di stagione andata via
e che ora si perde
a margini di altri giorni di infiniti ricami.

Ciò che rimane
e’ luce ferita
a canneto che si sporge
improvviso sul mare
in attesa che appaia petto di luna
a illuminare spiragli di dimenticanza.

Da “Bellezza mutante” di Giovanni Torres La Torre , prefazione di Aldo Gerbino, in copertina opera di Silvia Ripoll, Plumelia, 2019

Libreria MONDADORI POINT, Capo d’Orlando

“Diario pubblico”

di Giovanni Torres La Torre

“Se ami la bellezza allora amami“
Non ci mise niente di suo
evocando con monologo interiore
musiche di Clara
o forse sussurro di cigno
svelando in quel modo
e all’altezza del cuore
di volersi dissolvere, all’alba
gelsomino bianco, oh gelsomino bianco!
Complesse geometrie:
il tempo concesso
alla luce degli angoli
fu nel breve arco del niente
tra palpebra e carezza di palpebra
di gelsomino con l’ultima alba.
In quel viaggio
puoi ancora aspettare, oh solitudine di foglia!
almeno sino a quando e improvviso
un vieni con me, ti rapisco
ti porta in luogo
dell’anima che non conosce strada.


Capo d’Orlando, Forno Marina 6.10.2019

di Giovanni Torres La Torre

Sul mare
ove al canneto Nettuno ha donato il suo nome
e il Tirreno stende l’azzurro dei suoi lenzuoli,
la sera si è fatta miele.


Con un bacio sugli occhi, donando l’ultima luce
a vagheggiamenti di cammini di boschi
— sono in viaggi ali di cavalieri verso la luna —,
puoi tentare, volendo, di abbracciare
l’amore di una parola terrena,
i suoni della sua antica Scuola Poetica Siciliana
umiliata dagli ignoranti, e di quell’amalgama
di avverbi, plurali, dimezzamenti di consonanti,
stilemi di antico oro zecchino, sterpi ritrovati
e d’Arabia, con arsura nel petto e visioni di palmizi;
di Spagna e dei fiumi della patria lontana,
di cielo, di stelle e numeri, filosofia di divinità
nella lingua che venne e ci insegnò
a sognare altri mondi e astronomie.

di Giovanni Torres La Torre

Si fa palpebra
foglia inquieta che cadendo
chiede per sua sete
una moneta da spendere,
un rifugio ultimo
che in vita resti anima
di memorabile conio,
oh regina di lontano impero,
profilo ancora ignoto
del tuo volto di luna!

Capo d’Orlando, Agosto 2019

di Giovanni Torres La Torre

Traccia armonica sale dalla risacca, trascura
ove l’orma ha dimenticato i passi
una energia di transiti,
in ordine e in disordine si confondono
nell’indolenza di lentezze che scrutano brandelli di ombre
alternanze in sussurri di saluti,
ma sono lontane le assenze di giorni
che a lunga luce hanno perso gli occhi
scrutando languori di orizzonte.

Anima presente con le sue forme
depone a pazienza di formica
ansie di parole perché segnalino
veliero in vista, o disgelo
di misura nascosta in ghirigori,
un volto sereno di voce
o suono.

A sera, e ovunque siano
gli ultimi varchi di luce
cercano la quiete di un nido,
una possibile dolcezza che declini
a fragili ciuffi di fiori,
a stanche vaghezze incurvate
alla pergola del glicine,
verso linee di colline i cui profili
si perdono nella spensieratezza
delle malinconie dell’infinito.

Capo d’Orlando, agosto 2019